Il caso Garlasco: anomalie nei prelievi in contanti e carenze del sistema antiriciclaggio

Un caso emblematico delle criticità del sistema

Il caso di Garlasco rappresenta un paradigma delle disfunzioni che possono affliggere il sistema antiriciclaggio italiano. Questo articolo viene scritto sulla base delle notizie apprese dai maggiori organi di informazione, senza presunzione di correttezza su quanto, spesso, dibattuto dalle parti e riportato anche in modo differente e ogni giorno diverso, controverso e poco chiaro. Si tratta di un articolo tecnico, che vuole evidenziare un aspetto, quello degli obblighi antiriciclaggio, che non pare ancora essere stato trattato se non in modo marginale.

I prelievi di contanti per importi significativi, concentrati in un arco temporale ristretto e giustificati con motivazioni palesemente incongruenti, sollevano interrogativi fondamentali sull’efficacia dei controlli bancari e sulla vigilanza degli organismi preposti. La vicenda evidenzia come operazioni manifestamente anomale possano sfuggire ai meccanismi di prevenzione, generando un pericoloso vuoto nella tutela dell’integrità del sistema finanziario.

Le anomalie dei prelievi: un quadro indiziario inequivocabile

La sproporzione con la normale operatività

Bonifici ricevuti per 40.000 euro e prelievi di contanti per circa 35.000, effettuati in un periodo concentrato, presentano caratteristiche che, se così fosse, la giurisprudenza ha definito come elementi di anomalia oggettiva. Come stabilito dalla Corte d’Appello di Roma nella sentenza n. 1458 del 6 marzo 2025, configurano indici di anomalia che impongono la segnalazione le operazioni caratterizzate da versamenti di assegni e contestuali bonifici effettuati in un ristretto lasso di tempo, e che una corretta valutazione da parte del responsabile della filiale delle caratteristiche soggettive del disponente e oggettive delle operazioni che coinvolgono considerevoli flussi di denaro, effettuati in un arco temporale ravvicinato deve necessariamente condurre alla segnalazione.

Nel caso specifico, l’elemento più significativo è rappresentato dal fatto che la famiglia, come indicano fonti di stampa, non aveva mai posto in essere simili movimentazioni in passato. Questo aspetto configura quello che la normativa antiriciclaggio definisce come “anomalia rispetto al profilo storico del cliente“, un indicatore di sospetto di primaria importanza.

L’incongruenza delle giustificazioni fornite

Particolarmente problematica appare la giustificazione fornita per i prelievi: il pagamento di spese legali e marche da bollo. Questa motivazione presenta profili di evidente incongruenza sotto molteplici aspetti.

In primo luogo, l’entità delle somme prelevate (20-30 mila euro) risulta sproporzionata rispetto alle normali spese per marche da bollo. Come evidenziato dalla Corte d’Appello di Napoli nella sentenza n. 3302 del 24 giugno 2025, “È un elemento di sospetto il ricorso frequente o ingiustificato a operazioni in contante, anche se non in violazione dei limiti di cui all’articolo 49, e, in particolare, il prelievo o il versamento in contante con intermediari finanziari di importo pari o superiore a 15.000 euro”.

Il silenzio dei professionisti: un elemento di ulteriore sospetto

L’assenza di conferme pubbliche

Un aspetto particolarmente significativo della vicenda riguarda il comportamento dei legali che sarebbero stati i beneficiari dei pagamenti in contanti. Il fatto che questi professionisti non abbiano chiaramente confermato di aver ricevuto tali somme, né abbiano esibito le relative parcelle, costituisce un elemento di ulteriore anomalia.

In una situazione di tale clamore mediatico e incertezza giudiziaria, sarebbe stato naturale e opportuno per i professionisti coinvolti fornire chiarimenti documentali che avrebbero potuto dissipare ogni dubbio. L’assenza di tali chiarimenti alimenta inevitabilmente i sospetti sulla reale destinazione delle somme prelevate.

Le implicazioni fiscali: termini di decadenza e responsabilità

La questione dei “pagamenti in nero”

Qualora i pagamenti fossero effettivamente avvenuti in nero, come ipotizzato dalla cronaca, si porrebbe la questione della decadenza dei termini per l’accertamento fiscale. I termini ordinari per la notifica degli avvisi di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate sono infatti decorsi, il che solleva interrogativi sulla possibilità di recuperare eventuali imposte evase, ma anche sull’effettiva necessità di non confermare gli avvenuti incassi.

Tuttavia, questa circostanza non attenua la gravità delle anomalie riscontrate, ma anzi le amplifica. Se i professionisti avessero effettivamente ricevuto compensi in nero per importi così significativi, ciò configurerebbe una violazione sistematica degli obblighi fiscali che avrebbe dovuto essere intercettata dai controlli antiriciclaggio.

Le responsabilità professionali

I professionisti che richiedono pagamenti in contanti violano non solo la normativa fiscale, ma anche i principi deontologici della propria categoria. Gli ordini professionali hanno infatti il dovere di vigilare sul rispetto delle norme da parte dei propri iscritti, e comportamenti di questo tipo potrebbero, se comprovati, comportare l’attivazione di procedimenti disciplinari.

Gli obblighi degli operatori bancari: responsabilità evidenti

I criteri di segnalazione delle operazioni sospette

La giurisprudenza ha chiarito che il responsabile della dipendenza bancaria è tenuto a compiere un’ampia e meticolosa valutazione che gli impone, in presenza di elementi che denotano l’anomalia dell’operazione, un approfondimento la cui omissione non può essere giustificata dal richiamo alla conoscenza personale del soggetto che l’ha posta in essere.

Nel caso di Garlasco, gli operatori dello sportello bancario avrebbero dovuto riconoscere immediatamente l’anomalia delle operazioni. Come stabilito dalla giurisprudenza consolidata, il sorgere dell’obbligo di segnalazione non è subordinato alla certezza o alla diretta conoscenza che il cliente abbia posto in essere operazioni finalizzate al riciclaggio di denaro di provenienza illecita, essendo sufficiente anche l’esistenza di un sospetto semplice.

L’aggravante del coinvolgimento di soggetti noti

Un elemento di particolare gravità è rappresentato dal fatto che i prelievi sono stati effettuati da soggetti collegati a persone coinvolte in vicende giudiziarie note. La Corte d’Appello di Roma nella sentenza n. 6556 del 17 ottobre 2024 ha stabilito che costituiscono elementi di sospetto idonei a far sorgere l’obbligo di segnalazione il coinvolgimento del cliente in indagini penali per delitti presupposto del riciclaggio.

Gli operatori bancari non potevano ignorare la notorietà mediatica della vicenda di Garlasco e il coinvolgimento dei soggetti in questione. Questa circostanza avrebbe dovuto rendere ancora più stringente l’obbligo di segnalazione.

Le carenze del sistema di vigilanza: responsabilità istituzionali

Il ruolo della UIF e degli organismi di controllo

Se le segnalazioni fossero state effettuate ma non avessero ricevuto il dovuto seguito, emergerebbe una grave carenza del sistema di vigilanza. L’Unità di Informazione Finanziaria ha il compito di analizzare le segnalazioni ricevute e, se del caso, trasmetterle alle autorità investigative competenti.

La Corte d’Appello di Roma nella sentenza n. 4415 del 20 giugno 2024 ha chiarito che l’obbligo di segnalazione non presuppone una valutazione dell’operazione tale da far ritenere certa la provenienza illecita dei fondi, essendo sufficiente un mero giudizio di possibilità in ordine alla provenienza delittuosa dei fondi e alla finalità illecita delle operazioni.

L’assenza di trasparenza mediatica

Un aspetto particolarmente preoccupante è rappresentato dall’assenza di chiarimenti da parte degli organi di informazione sui dettagli del sistema di controllo antiriciclaggio. I mass media non hanno approfondito se le segnalazioni siano state effettuate e quale sia stato l’eventuale seguito dato dalle autorità competenti.

La vicenda delle movimentazioni in contanti parrebbe sia emersa solo in seguito alle nuove indagini della procura investita ora del caso e non da quelle che dovevano essere, già nel 2017, le doverose segnalazioni di operazioni sospette da parte degli organi preposti: è stata una carenza di segnalazione oppure le segnalazioni ci sono state e chi aveva il compito di approfondire non lo ha fatto? Riterrei meritevole fare luce su tale aspetto della vicenda.

Questa mancanza di trasparenza impedisce al pubblico di comprendere se le carenze siano da attribuire agli operatori bancari, agli organismi di vigilanza o a entrambi i livelli del sistema di controllo.

Le tecniche di elusione: frazionamento e soglie

Il rispetto formale delle soglie nel 2017

Nel 2017, anno in cui si sarebbero verificati i fatti, la disciplina dei pagamenti in contanti prevedeva soglie specifiche per l’identificazione rafforzata. Tuttavia, come chiarito dalla Cassazione Civile nell’ordinanza n. 1108 del 16 gennaio 2025, gli indici di anomalia individuati dalla Banca d’Italia, pur non determinando automatismi, costituiscono parametri rilevanti per valutare la sussistenza dell’obbligo di segnalazione.

Il fatto che i singoli prelievi fossero inferiori alle soglie previste non esclude l’obbligo di segnalazione quando, come nel caso di specie, la concentrazione temporale e l’anomalia rispetto al profilo storico del cliente configurano chiari indicatori di sospetto.

La tecnica del frazionamento

I prelievi effettuati sembrano configurare quella che la normativa antiriciclaggio definisce come “tecnica di frazionamento”, specificamente volta a eludere i controlli. La giurisprudenza ha stabilito che costituiscono indici di anomalia il ricorso a tecniche di frazionamento dell’operazione, se volte a eludere gli obblighi di identificazione e registrazione e in particolare frequenti operazioni per importi di poco inferiori al limite di registrazione, soprattutto se effettuate in contante.

Le responsabilità penali e amministrative

Le sanzioni per omessa segnalazione

Gli operatori bancari che hanno omesso di segnalare operazioni così palesemente sospette rischiano, sempre a mio modesto parere, severe sanzioni antiriciclaggio. La normativa antiriciclaggio prevede sanzioni pecuniarie che possono raggiungere importi molto elevati, proporzionati alla gravità della violazione.

La giurisprudenza ha chiarito che per la determinazione della sanzione amministrativa, l’applicazione del massimo edittale si giustifica in presenza di estrema gravità della violazione, desumibile dal rilevantissimo importo delle operazioni non segnalate, dalla notevole intensità dell’elemento soggettivo, dalla superficialità della condotta tenuta dai soggetti obbligati.

Le responsabilità dei vertici bancari

Non solo gli operatori di sportello, ma anche i vertici della filiale bancaria potrebbero essere chiamati a rispondere delle omissioni. La giurisprudenza ha stabilito che i direttori di banca, oltre ad una colpa per omesso controllo sui dipendenti, hanno anche una responsabilità diretta, con la conseguenza che nel caso in cui sia stata omessa la segnalazione di spostamenti di ingenti somme di denaro, anche per operazioni non particolarmente sospette, i vertici di filiale devono pagare sanzioni amministrative in proprio ed in solido con l’istituto di credito.

I misteri irrisolti.  Interrogativi aperti

La destinazione reale delle somme

Il primo e più importante mistero riguarda la reale destinazione delle somme prelevate. Se non sono state effettivamente utilizzate per spese legali, dove sono finite? Chi ne ha beneficiato realmente? Questi interrogativi rimangono senza risposta e alimentano i sospetti sulla natura illecita delle operazioni.

Il silenzio degli intermediari

Altrettanto misterioso è il silenzio degli intermediari coinvolti. Perché gli operatori bancari non hanno segnalato operazioni così palesemente anomale? Si è trattato di negligenza, incompetenza o di qualcosa di più grave? L’assenza di chiarimenti su questo punto lascia aperte ipotesi inquietanti.

Le carenze del sistema di vigilanza

Se le segnalazioni fossero state effettuate, perché non hanno prodotto conseguenze? Gli organismi di vigilanza hanno valutato le operazioni e le hanno ritenute legittime? Oppure non hanno dato seguito alle segnalazioni per carenze organizzative o procedurali? Anche su questo aspetto mancano risposte convincenti.

Le implicazioni per il sistema antiriciclaggio

La necessità di riforme strutturali

Il caso di Garlasco evidenzia la necessità di riforme strutturali del sistema antiriciclaggio italiano. Non è accettabile che operazioni così palesemente anomale possano sfuggire ai controlli, vanificando l’efficacia della prevenzione.

Oggi, sarebbe poco verosimile e credibile una omissione di segnalazione così macroscopica, anche perché il personale degli istituti bancari è molto preparato e segnala ogni caso anomalo per non rischiare (poiché una segnalazione errata non ha conseguenze per il bancario mentre un’omissione potrebbe essere disastrosa) e dove non arrivano le persone (per esempio prelievi al bancomat) i sistemi elettronici degli istituti di credito colmano la lacuna. Nel 2017 il sistema di controlli non aveva ancora raggiunto l’attuale precisione?

L’Importanza della trasparenza

La vicenda sottolinea anche l’importanza della trasparenza nel funzionamento del sistema antiriciclaggio. Il pubblico ha il diritto di sapere se i controlli funzionano e, in caso contrario, dove risiedono le carenze. Solo attraverso la trasparenza è possibile costruire un sistema di prevenzione realmente efficace.

Un caso paradigmatico

Il caso di Garlasco rappresenta un paradigma delle criticità che possono affliggere il sistema antiriciclaggio italiano. Le anomalie evidenti nei prelievi di contanti, l’incongruenza delle giustificazioni fornite, il silenzio dei presunti beneficiari, le carenze degli operatori bancari e la mancanza di trasparenza degli organismi di vigilanza configurano un quadro complessivo di grave disfunzione.

I misteri che circondano questa vicenda non sono solo curiosità giornalistiche, ma rappresentano lacune pericolose nella tutela dell’integrità del sistema finanziario. Ogni operazione sospetta che sfugge ai controlli rappresenta un’opportunità per la criminalità organizzata di infiltrarsi nell’economia legale.

La normativa antiriciclaggio, come chiarito dalla giurisprudenza consolidata, non lascia spazio a dubbi: operazioni come quelle di Garlasco dovevano essere segnalate. Il fatto che ciò non sia avvenuto, o che le eventuali segnalazioni non abbiano prodotto conseguenze, rappresenta una grave carenza del sistema che deve essere urgentemente affrontata.

Solo attraverso un’analisi rigorosa delle responsabilità, l’adozione di misure correttive efficaci e il ripristino della trasparenza sarà possibile evitare che episodi simili si ripetano in futuro. La lotta al riciclaggio non è solo un obbligo normativo, ma un dovere civico verso la collettività e la legalità. Il caso di Garlasco deve servire da monito per l’intero sistema finanziario italiano: la vigilanza non può mai essere abbassata, e ogni anomalia deve essere tempestivamente segnalata e approfondita.