Quando una nuova vita arriva in una famiglia, viene accolta come un prezioso tesoro e le mamme e i papà diventano preda di mille dubbi e insicurezze. Se un tempo era l’adolescenza a porre le maggiori incognite ai genitori e a scatenare ansie e incertezze, oggi è l’infanzia (compresa la fase che va da 0-3 anni) a produrre tensione all’interno dei gruppi familiari.
Come afferma Francoise Dolto, psichiatra ed esperta di puericultura, “quando i genitori sono vivi, felici e allegri e trattano il figlio come una persona umana non hanno motivo per essere ansiosi e insicuri”. E cosa vuol dire trattare un bambino come una persona umana? Per prima cosa riconoscergli la sua individualità, il diritto a seguire i tempi e i modi di crescita diversi dalla “norma”.  Secondo molti psicologi infantili, i genitori dovrebbero fare solo uno sforzo di memoria, per rivedere se stessi nei figli, riportando alla luce i ricordi di un passato che invece mettiamo da parte.  Basta riconoscere e rispettare  il bisogno di autonomia  che abbiamo percepito durante l’infanzia e che ancora oggi rende una bambina o un bambino felice. Ciò che serve alla bambina o al bambino è un genitore calmo e capace di educare senza troppe ramanzine, un genitore che si fidi dei figli e che sappia far crescere la loro autostima.
Molto spesso le mamme e i papà  si pongono la domanda di come poter aiutare la bambina o il bambino a  liberarsi del pannolino, favorendo il passaggio verso il vasino in modo sereno. Per la bambina o il bambino imparare ad usare il vasino vuol dire crescere e raggiungere una tappa importante nella strada verso l’autonomia.
L’età media per scoprire il vasino è tra i due e i tre anni, ma questi limiti temporali sono soltanto indicativi. Alcuni riusciranno prima, altri dopo, ma ciò che importa è che l’input deve venire dai piccoli e non dagli adulti. Gli adulti dovrebbero solo accettare i tempi di maturazione dei figli. Ogni genitore dovrebbe saper cogliere i segnali di maturazione psicofisica che indicano che la bambina o il bambino è pronto al vasino, segnali più rivelatori dell’età anagrafica. Al compimento del terzo anno d’età ci si aspetta che le bambine e i bambini siano in grado di andare in bagno e pulirsi da soli, senza aver bisogno del pannolino. In realtà sono tanti i bambini a non avere il pieno controllo dell’urina e delle feci oltre i 36 mesi e questo potrebbe mandare in crisi i genitori.
Negli ultimi anni si è imposta la tendenza a eliminare il pannolino troppo precocemente, come se le mamme e i papà stessero prendendo parte a una immaginaria competizione per il bimbo “più sveglio e pulito”. Gli effetti di un distacco brusco  e forzato dal pannolino possono essere pesanti: un bambino che si sporca e viene rimproverato vive le funzioni corporali con orrore, sviluppa ansia e disistima. Reazioni che con pazienza e partecipazione si possono evitare.
È un processo verso l’autonomia lungo, che non può saltare importanti tappe intermedie. Non si può pretendere che una bambina o un bambino che non ha ancora sviluppato la motricità fine delle mani riesca già a trattenere le feci. Francoise Dolto ha condotto una vera e propria battaglia culturale su questo: “Le madri che tentano di rendere il figlio continente prima del tempo – ha scritto – sono madri “frettolose”, che non rispettano lo sviluppo normale del bambino”.  Chi tenta di mandare i pannolini in soffitta prima dei due anni e mezzo per le femmine e dei tre anni per i maschi, si avventura in un terreno dominato da paura e insicurezza, le due nemiche giurate della crescita serena.
Per sapere quando la bambina o il bambino è pronta/o a togliere il pannolino, prima di tutto occorre assicurarsi che le funzioni corporali siano regolari. Se la bambina o il bambino non riesce a restare asciutta/o per almeno due ore o durante il riposino è inutile provare a far fare la pipì nel vasetto. Difficile che diventi autonoma/o se non ha ancora imparato a esprimere a parole i suoi bisogni, compresi quelli fisici o se non riesce a tirarsi giù i pantaloni o le mutandine. Possibilmente la mamma potrebbe intromettersi dicendo “devi fare la pipì”, spogliando e sistemando la bambina o il bambino sul vasetto, ma sarà un’azione subìta e meccanica. A volte funzionerà, altre no e per una sola ragione: è ancora troppo presto.
“Non si vive, non si cresce, non si mangia, non si domina il proprio corpo per far piacere all’adulto ma per un piacere di conquista personale. I bambini devono capire che fare pipì e pupù fanno parte delle prove del funzionamento della vita attraverso il loro corpo.” Queste parole di Francoise Dolto racchiudono il “segreto” per approdare felicemente all’uso del vasino, che non deve essere figlio di un “addestramento alla pulizia”, ma un meccanismo interiorizzato. Se la bambina o il bambino non è pronta/o, è inutile insistere. Però si può guidarla/o a prendere consapevolezza dello stimolo da alcuni segnali che il suo corpo gli invia, come la sensazione di spinta, il mal di pancia o il rossore. Sarebbe più opportuno procedere  a sperimentare il vasino solo se la bambina o il bambino va con regolarità. Ma se proprio si vuole anticipare lo stimolo, potrebbe essere utile segnare per qualche giorno il momento della pupù su un quaderno e sottoporre il vasino nell’orario più propizio. Inoltre, si potrebbe affidare la scelta del vasino alla bambina o al bambino, affrontando l’addio al pannolino in maniera soft magari leggendo libri di fiabe che affrontano l’argomento (esempio: Il posticino della pipì, di Marta Civilini, Mondadori) e parlando del tipo di vasino che gli piacerebbe avere. Ad esempio alcuni bambini non vedono l’ora di usare il wc come fanno i grandi e per loro si potrebbe usare un riduttore del water dotato di scaletta o posizionare il vasino in un “angolo speciale” del bagno. Potrebbe essere utile tenere il vasino a portata di mano per fare in modo  che al momento dello stimolo sia facile raggiungerlo senza ricorrere a corse disperate e bisogna ricordarsi che anche l’abbigliamento, in questa fase, ha grande importanza, sarebbe meglio utilizzare vestiti comodi, con elastici alla vita perché possa sollevarli  e abbassarli con facilità e potrebbero essere di aiuto anche i cosiddetti “pannolini-mutandine”.
Molti genitori alle prese con la crescita dei figli potrebbero sentirsi inadeguati, come se il problema colpisse solo loro, e reagiscono o negando che c’è qualcosa che non va o sviluppando rabbia contro se stessi o contro gli amatissimi figli. L’importante è sapere che non esiste un modo “giusto” o “sbagliato”, non esistono bambini “normali” e bambini “strani” e non esistono nemmeno famiglie “felici” o “imperfette”. Nessuno può sperare di regalare la felicità ai propri figli, però i genitori possono aiutarli a crescere con meno ansie e con un’autostima forte e robusta. Non è un percorso facile, ma con empatia, amore e pazienza, riuscendo a riconoscere ai bambini la loro individualità e facendoli crescere con i loro tempi e i loro modi, si accompagneranno i figli a vivere un’esistenza serena e a crescere felici e indipendenti. E se qualcuna/o potrebbe avere bisogno di qualche consulto potrebbe essere utile rivolgersi a una psicologa.

Dottoressa Floriana La Barbera

Psicologa

Bibliografia

  • Dolto F. (2005), I problemi dei bambini, Milano, Mondadori.
  • Dolto F. (1997), Quando i bambini hanno bisogno di noi, Milano, Mondadori