di don Filippo Celona *

(pubblicato dal settimanale cattolico d’informazione, attualità e cultura della diocesi di Piazza Armerina Settegiorni

 

Gli anni di pontificato di Paolo VI (1963-1978), succedendo a san Giovanni XXXIII (1958-1963), il papa del Concilio, non furono facili. Subito dopo l’elezione al soglio pontificio egli prese il timone del Concilio Vaticano II facendolo giungere a conclusione e contribuendo, in maniera diretta, a dar vita, anche se con difficoltà, al capitolo VIII della Lumen gentium, inserendolo nel de Ecclesia. Paolo VI, nel Discorso di chiusura del secondo periodo conciliare,  fa un excursus sul Concilio ricordando che, oltre agli obiettivi raggiunti, ce ne erano ancora altri da conseguire. Riguardo alla questione della Vergine Maria, ricorda e motiva soprattutto la proclamazione della maternità ecclesiale di Maria, auspicando che si arrivi ad una felice soluzione nei riguardi della questione dello schema sulla Beata Vergine Maria.
Il 13 maggio del 1967, due anni dopo la chiusura del Concilio e tre anni dopo la costituzione dogmatica Lumen gentium, Paolo VI promulga l’esortazione apostolica Signum magnum. Essa nasce in un periodo in cui la Chiesa di Roma attraversa un momento di crisi mariana iniziata subito dopo la chiusura del Concilio Vaticano II e protrattasi sino alla pubblicazione della Marialis cultus. È il primo documento di una certa importanza di Paolo VI su Maria, anche se prima di esso, il papa aveva emanato la Christi Matri. Nella Signum magnum si riaffermano la dottrina della maternità spirituale di Maria e il suo inscindibile nesso con i doveri degli uomini redenti verso di lei.Il Papa volle pubblicarla in occasione del cinquantesimo anniversario delle apparizioni di Fatima (1917), ma è chiaro che ciò nasconde un’intenzione molto più profonda. Il documento viene piuttosto collegato alla proclamazione di Maria “Madre della Chiesa” fatta dallo stesso Pontefice il 21 novembre 1964, durante la celebrazione del Concilio Vaticano II.
Il primo obiettivo della Signum magnum è ricordare la dottrina mariana del Concilio e sottolineare la maternità spirituale di Maria, che deve essere ritenuta per fede da tutti i cattolici. Maria è nostra madre spirituale in virtù della sua intercessione presso il figlio suo Gesù ed avendo vissuto in modo perfetto il Vangelo, ella è esempio di vita evangelica. Maria ha aderito pienamente al Vangelo e, in virtù di tale adesione, è doveroso venerare Maria con un culto particolare, un culto di lode, un culto di gratitudine.
Il secondo obiettivo è nell’ordine della prassi, ossia il dovere dei credenti di imitare Maria: non solo è doveroso il culto a Maria, ma il credente ha il dovere di imitare le virtù evangeliche della Vergine Maria. Allo stesso tempo e nello stesso documento, il Papa ha rilanciato la consacrazione a Maria, una pratica di pietà molto antica, ma allora contrastata o in disuso.
La Signum magnum, quindi, non solo ricorda i cinquant’anni delle apparizioni di Fatima, ma ricorda anche i 25 anni della Consacrazione del mondo al Cuore immacolato di Maria, il 31 ottobre 1942, da parte di Pio XII, consacrazione che Paolo VI rinnovò il 21 novembre 1964, durante la proclamazione di Maria madre della Chiesa.
Paolo VI, il 30 giugno 1968, promulga la Sollemnis professio fidei o Credo del popolo di DioEra un momento molto difficile per la Chiesa, si viveva una forma di contestazione tipica di quegli anni, di natura ecclesiale e teologica e, attraverso la Sollemnis professio fidei, il Papa riafferma con vigore i punti essenziali della fede cattolica messi in dubbio o posti in discussione. In quell’anno la Chiesa celebrava i diciannove secoli del martirio di Pietro e Paolo e il Papa, ricordando la chiusura dell’anno della fede, usa l’occasione per professare il Credo in un mondo dove oramai la fede era piuttosto affievolita. Nei nn. 14-15 viene inserita la tematica mariana.
Il terzo documento postconciliare è l’esortazione apostolica Marialis cultus. Lo scopo del documento è incrementare e dare impulso al culto mariano come servizio orante verso Dio.
Il Papa ha come riferimento costante le due costituzioni conciliari: la Sacrosanctum concilium del 1963 e la Lumen gentium del 1964. Questa esortazione apostolica parla del culto mariano inserito armonicamente, però, in quello cristiano che trova il suo ambiente più nobile e proprio nella liturgia.
Nei primi numeri il documento presenta la liturgia romana riformata nelle parti che riguardano Maria. La Chiesa celebra il mistero della salvezza con i riti e con le preghiere. La Marialis cultus sottolinea il primato della liturgia sulle pur legittime devozioni e inserisce la celebrazione di Maria nell’ottica e nel luogo del mysterium salutis vissuto nell’anno liturgico.
Il culto alla Vergine Maria, quindi, si innesta nella celebrazione del ciclo annuale dei misteri del Figlio. La Marialis cultus assume la liturgia come punto di partenza perché in essa trova, in maniera eminente, la presenza e la pregnanza martiriale della Vergine Maria. La liturgia è celebrazione del mistero di Cristo e a Lui è unita in maniera indissolubile sua Madre. È azione della Chiesa della quale Maria è membro in maniera del tutto singolare. È celebrazione sacramentale della historia salutis nella quale Maria è sempre presente in tutti i suoi momenti essenziali. È luogo di comunione e di esperienza piena della Chiesa pellegrina e santa. Maria, inoltre, è modello dell’atteggiamento con cui la Chiesa celebra e vive i divini misteri.
Gli esercizi di pietà dedicati alla Vergine Maria devono esprimere sempre chiaramente la notatrinitaria, cristologica ed ecclesiologica che sono anche caratteristica dei quattro orientamenti per il culto della Vergine: biblico, liturgico, ecumenico e antropologico. Nell’ambito antropologico si deve eliminare il disagio che si avverte nel culto a Maria attraverso l’utilizzazione delle «acquisizioni sicure e comprovate delle scienze umane».
L’insegnamento che scaturisce dall’esortazione apostolica, innanzitutto, è che la liturgia non esclude la devozione a Maria, ma la innesta nella sua azione e non la considera solamente fuori o in modo parallelo ad essa. Paolo VI non dimentica di far risaltare il nesso tra la lex orandi, la lex credendi e la lex vivendi: venerare Maria significa vivere come lei, e celebrare le “grandi cose” di Dio in Cristo, nella Chiesa e nel mondo col suo stile teologale. Santa Maria di Nazaret è riconosciuta dalla Chiesa, dai credenti e dalla teologia, anche liturgica, come donna di preghiera, donna che crede, donna che incarna totalmente il Figlio non solo nel suo ventre ma innanzitutto nel suo cuore.
La Chiesa deve avere «cura amorosa per la pietà popolare», non la deve biasimare ma la deve curare, incoraggiare e correggere. La pietà mariana ha anche un risvolto ecumenico, la sua ricaduta nella prassi ha fatto in modo che le formule di preghiera venissero purificate da espressioni equivoche, rendendole più conformi al dato biblico. La Marialis cultus ha anche dato grande contributo alla catechesi e alla spiritualità mariana attraverso la nota trinitaria, cristologica ed ecclesiologica unitamente ai quattro orientamenti biblico, liturgico, ecumenico e antropologico.

*PhD in Teologia con specializzazione in Mariologia