di José Trovato

Barrafranca. Quando un boss mafioso riceve la benedizione di un padrino come Bernardo Provenzano, evidentemente, è per sempre: non smette di essere un “uomo d’onore”, nell’accezione anacronistica propria degli appartenenti a quella che un tempo, giocando con la loro contorta scala di valori, si faceva chiamare Onorata società. E Raffaele Bevilacqua, quell’ex avvocato penalista diventato a fine anni ’90 un boss mafioso, imposto come capo provinciale di Enna proprio da “Binnu un tratturi”, condannato per mafia al processo Gransecco e successivamente ergastolano perché tra i mandanti di un delitto di mafia nel 2003, evidentemente, dopo quindici anni di prigione – in parte trascorsi al 41 bis – non aveva alcuna intenzione di farsi “posare”, lui che non ha mai tradito Cosa Nostra, nonostante le pesanti condanne ricevute. Ottenuta la detenzione domiciliare a Catania nel 2018, anzi, si sarebbe messo subito in moto per affermare nuovamente il suo potere, per farsi “baciare le mani” dai picciotti – quella penosa prassi mafiosa che da “Il Padrino” in poi ha fatto breccia nell’immaginario collettivo dei malavitosi – e tornare a parlare di affari. Affari mafiosi, per cui si sarebbe fatto collaborare dai figli, in stretta sinergia con chi era già “in giro” di suo, in paese e non solo.
Peccato per loro, però, che i carabinieri avessero capito tutto, che Bevilacqua fosse nel mirino degli investigatori praticamente sin da pochi giorni dopo la concessione dei domiciliari e che i suoi contatti siano finiti immediatamente al centro dei riflettori. L’operazione “Ultra” è stata condotta dai militari del Ros, sotto il coordinamento della Dda di Caltanissetta, diretta dal procuratore Amedeo Bertone e dai sostituti Pasquale Pacifico e Nadia Caruso. A illustrare i particolari dell’inchiesta, stamani al Palazzo di Giustizia di Caltanissetta, i magistrati con il generale del Ros Pasquale Angelosanto, il colonnello Saverio Lombardi, comandante provinciale di Enna e il maggiore del Ros Emanuele Piccirillo, comandante della divisione anticrimine del Ros di Caltanissetta.

Raggiunti da ordinanza di custodia cautelare in carcere sono: Raffaele Bevilacqua, i figli Flavio Alberto e Giuseppe Emilio arrestato in collaborazione con l’Europol in Germania; Luigia Bellomo, Adriano Giuseppe Bevilacqua, Andrea Blasco, Filippo Bonelli, Davide Cardinale, Domenico Cardinale, Fabio Cardinale,  Angelo Cutaia, Andrea Ferreri, Calogero Ferreri, Agatino Fiorenza, Davide La Mattina, Giuseppe La Mattina, Luigi Fabio La Mattina, Valentino La Mattina, Dario La Rosa, Filippo Milano, i fratelli Giovanni e Vincenzo Monachino considerati reggenti della cosca di Pietraperzia, Salvatore Paternò, Salvatore Privitelli, Massimo Riggi, Vincenzo Russo, Alessandro Salvaggio, Salvatore Salvaggio, Giovanni Strazzanti, Salvatore Strazzanti, Sebastiano Tasco,  Mirko Filippo Tomasello, Giuseppe Trubia, Angelo Tummino, Salvatore Marco Vaccari. Ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari per la figlia di Raffaele Bevilacqua, Maria Concetta, avvocato del Foro di Enna, che secondo le accuse avrebbe incontrato nel suo studio legale di Barrafranca gli affiliati della cosca ai quali avrebbe anche consegnato i messaggi del padre contenenti le indicazioni sulle attività da svolgere e le iniziative da intraprendere. Secondo le accuse sarebbe stata non solo a conoscenza delle attività del padre, ma, insieme al fratello avrebbe anche preso parte a scelte e organizzato gli incontri tra gli affiliati ed il padre nell’appartamento di Catania dove questo risiedeva dal 2018.  Ai domiciliari anche Abigail Bellomo, Rosetta Bellomo, Salvatore Blasco, Rosario Corvo, Stella Crapanzano, Davide Pagliaro, Giuseppina Strazzanti, Cateno Sansone e Giuseppe Zuccalà.
L’operazione è stata condotta tra Barrafranca, Pietraperzia, Catania, Palermo e Wolfsburg, su ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip di Caltanissetta.
Uno degli arrestati, Giuseppe Emilio Bevilacqua, è stato localizzato e catturato in Germania grazie al supporto del BKA e della polizia tedesca, con il coordinamento operativo dell’Agenzia di  Polizia europea Europol.
I reati contestati agli arrestati, a vario titolo, sono associazione a delinquere di stampo mafioso, associazione finalizzata al traffico e allo smercio di stupefacenti, estorsioni, corruzione aggravata dall’aver favorito l’associazione mafiosa, detenzioni di armi e assistenza agli associati.
Contestualmente è stato notificato anche un decreto di sequestro preventivo di beni (società, beni immobili e conti correnti) per un valore di oltre un milione di euro.
L’indagine è stata avviata nel maggio 2018 e avrebbe consentito di documentare come il lungo periodo di detenzione, come detto, non avesse minimamente fiaccato lo spirito di Bevilacqua  il quale, non appena ritrovata la “libertà”, avrebbe ripreso immediatamente la direzione della famiglia mafiosa con il fondamentale apporto dei suoi familiari.
In spregio ai vincoli imposti dal regime di detenzione domiciliare l’appartamento di Catania – presso il quale egli era ristretto – sarebbe diventato il crocevia di importanti incontri, nel corso dei quali venivano decise strategie e progettate le azioni da compiere, alcune anche molto gravi.
Nel progetto di riorganizzazione della famiglia mafiosa posto in essere da Bevilacqua avrebbero assunto un ruolo cardine i suoi figli Flavio Alberto e Maria Concetta.
Il primo è ritenuto l’interfaccia del padre con il territorio ed in tale prospettiva si sarebbe occupato, per l’accusa, di tenere i contatti con gli altri affiliati e di concordare le azioni da intraprendere.
Maria Concetta Bevilacqua, invece, dimostrando fierezza del ruolo ricoperto dal padre all’interno dell’organizzazione mafiosa e piena adesione alla stessa, per gli inquirenti sarebbe stata solita compiacersi per il “rispetto” che le veniva tributato; e, approfittando della sua professione, avrebbe incontrato nel suo studio legale di Barrafranca gli affiliati ai quali avrebbe consegnato i “pizzini” scritti dal genitore con gli ordini da eseguire.
Emblematico, per chi indaga, è il richiamo al dialogo intercorso tra lei e il padre subito dopo l’incontro che quest’ultimo aveva avuto con un mafioso. In particolare, la donna gli avrebbe chiesto con insistenza se egli avesse ricevuto l’ossequioso rito del “baciamano”. Ottenutane conferma avrebbe ribattuto, con parole che ci riportano indietro nel tempo: “… e io comunque quando tu muori fra 100 anni io mi auguro…io mi auguro… mi auguro di avere dei figli…che gli devo raccontare tutte queste cose…” a dimostrazione che la “liturgia mafiosa”, ancora oggi viva, suscita nell’avvocato Maria Concetta Bevilacqua orgoglio e complicità col padre, “uomo d’onore” di Cosa Nostra le cui azioni vengono ritenute degne di essere raccontate ai figli quasi fossero gesta eroiche.
Raffaele Bevilacqua, tornato sulla scena, avrebbe messo in moto una serie di azioni criminali volte a assumere il pieno controllo del territorio ed assicurarsi lauti ritorni economici, individuando nell’appalto del valore di 7.5 milioni di euro per la gestione dei RSU del comune di Barrafranca il più importante obiettivo. Il clan avrebbe imposto all’ATI agrigentina vincitrice dell’appalto l’affitto degli spazi per il ricovero dei mezzi per un importo annuo di 27.000 euro e facendosi pagare il “pizzo” attraverso bonifici, così da giustificare i pagamenti come “regolare” canone di locazione.
La riaffermazione della presenza sul territorio sarebbe passata anche attraverso azioni più tradizionali quali l’attentato incendiario commesso ai danni di un supermercato di Barrafranca nella notte del 15 settembre 2018. Azione finalizzata a mandare un chiaro segnale a tutte le attività commerciali di doversi mettere “a posto”, come lo stesso Raffaele Bevilacqua avrebbe spiegato al figlio affermando che, ricevuta “la botta” sicuramente “questo si smuove”.
Tale sarebbe stata la volontà di avere il controllo pieno e totale di tutte le attività illecite che Bevilacqua avrebbe stabilito d’imperio che il traffico e lo spaccio di droga dovevano essere gestiti in toto dalla famiglia mafiosa dalla quale erano costrette a rifornirsi tutte le piazze di spaccio presenti a Barrafranca.
Grazie al penetrante monitoraggio investigativo, i militari sostengono di aver ricostruito l’intera filiera – di cui erano partecipi anche i vertici dell’alleata famiglia di Pietraperzia – caratterizzata da una rigida compartimentazione volta a tentare di eludere eventuali indagini.
Sono stati individuati in soggetti appartenenti alla criminalità organizzata catanese i fornitori ai quali si sarebbero rivolti Salvatore Privitelli e Fabio Luigi La Mattina, grazie all’intermediazione del catanese Marco Vaccari.
La gestione delle piazze di spaccio riconducibili alla famiglia mafiosa sarebbe stata demandata a Salvatore Strazzanti e Andrea Ferreri; Filippo Bonelli, Davide e Valentino La Mattina sarebbero stati deputati al controllo e alla raccolta del denaro provento dello spaccio da consegnare ai vertici della famiglia.
E’ in questa fase che l’indagine del ROS è andata ad intersecarsi con quella condotta dal Comando Provinciale di Enna, che su delega della DDA nissena stava svolgendo parallele attività in ordine al traffico di stupefacenti – cocaina e marijuana – a Barrafranca, documentando una incessante attività di spaccio nella quale venivano impiegati anche minorenni.
La portata dell’affare sarebbe stata tale da produrre momenti di forte attrito, sfociati in scontri anche particolarmente violenti, per la gestione di alcune zone tra gli appartenenti alla rete di smercio riconducibile alla famiglia mafiosa e a “gruppi autonomi”, conflitti giunti a un livello tale da richiedere l’intervento diretto di Raffaele Bevilacqua, che avrebbe ordinato a Privitelli di “mettere pace”.
L’indagine, infine, oltre a consentire di raccogliere ulteriori utili elementi in ordine all’omicidio di Filippo Marchì, per cui sono già a giudizio i vertici della famiglia di Pietraperzia, ha permesso di documentare come la famiglia mafiosa sarebbe stata in grado di incidere sulle scelte del Comune di Barrafranca. I carabinieri infatti ipotizzano la partecipazione di Giuseppe Zuccalà, Responsabile del IV Settore – Gestione del Territorio Infrastrutture e Servizi Manutentivi del Comune, nell’assegnazione di un appalto, con il metodo dell’affidamento diretto all’imprenditore Salvatore Blasco, risultato essere in stretti rapporti con la famiglia Bevilacqua.