di Josè Trovato

La sera del 2 dicembre 2017 un pregiudicato fu aggredito a Villarosa da un gruppo di persone, poi individuate grazie a un’indagine condotta dai carabinieri di Enna. Uno di essi, il villarosano Andrea Angelo Paternò, è stato condannato a 5 anni e 4 mesi per tentato omicidio. L’imputato dovrà risarcire i danni all’aggredito, parte civile difeso dall’avvocato Donatella Baglio Pantano, e pagare una provvisionale di 5 mila euro. L’entità del risarcimento dovrà essere quantificata in sede civile. Fonti vicine alla parte civile esprimono piena soddisfazione per la conferma della condanna.
La Corte d’appello di Caltanissetta, presieduta da Pasqua Seminara, adesso ha confermato la sentenza di primo grado, emessa con rito abbreviato dal gup di Enna Giuseppe Tigano, nell’aprile dell’anno scorso. Ora si attende il deposito delle motivazioni, poi inizieranno a decorrere i termini per l’eventuale ricorso in Cassazione da parte della difesa di Paternò. E fonti vicine alla difesa, Paternò è assistito dalla penalista ennese Patrizia Di Mattia, annunciano che sarà adita di certo la Suprema Corte, poiché la sentenza – di cui non si conoscono ancora le motivazioni – non può aver tenuto conto di un dato che la difesa ha fortemente sostenuto, durante i due giudizi di primo e secondo grado: l’asserita mancanza dell’elemento soggettivo del reato di tentato omicidio. Confessando, infatti, l’imputato – e la sua confessione fu quasi interamente valorizzata già in primo grado – affermava di aver partecipato a una sorta di spedizione punitiva, per contrasti di natura personale mai interamente emersi; ma di non aver mai avuto alcuna intenzione di provare a ucciderlo. Sulla differente valutazione circa la qualificazione giuridica del fatto, insomma, potrebbe aprirsi una nuova partita in Cassazione, ma intanto i giudici di appello si sono riservati novanta giorni per il deposito della sentenza.
Sul caso, va ricordato infine, è attualmente in corso un processo penale dinanzi al Tribunale collegiale di Enna, con in testa il presidente della sezione penale Francesco Paolo Pitarresi. Altri co-imputati di Paternò hanno scelto il giudizio ordinario. L’udienza dovrebbe essere trattata a breve, con l’escussione di testi chiave del processo.
I fatti, come detto, risalgono alle 20 di un sabato sera, nel dicembre di tre anni fa. Gli aggressori hanno staccato la corrente dal contatore esterno dell’appartamento della vittima, in una contrada di periferia. E quando è uscito per accendere nuovamente la luce, è stato travolto dalla furia degli aggressori. Portato in ospedale, il ferito se la cavò, per così dire, con venti giorni di prognosi, nonostante il sangue perso e le ferite riportate. La vittima, sostennero dall’inizio gli inquirenti, “per mera fortuna  non ha riportato lesioni agli organi vitali”.