Dovevano essere tutti affetti da rotacismo, più volgarmente detto R moscia che anzi pareva il segno distintivo di quel circolo esclusivo.
Segno di appartenenza e di stile presunto ma non desunto.
Chiacchieravano, brindavano e si appartavano tra loro, in uno spazio circoscritto e popolato di R rigorosamente mosce, come i loro volti privi di consistenza sebbene rafforzati da micro interventi di matrice botulinica.
Con gli occhi di un bambino che in un Oceanario sa sorprendersi per una enorme distesa chiazza monocromatica che lascia sfumare i contorni delle forme che contiene, Jack osservava da dietro un vetro i membri del club, sebbene lo stupore non tardò a lasciare il passo allo sbigottimento ed alla nausea.
Giacomo, in realtà si chiamava così, aveva trasformato il suo nome in lingua anglofona per sentire vibrare lo spirito di Kerouac, per lo meno idealmente, ma anche per protesta adolescenziale e giovanilistica contro una madre che si ostinava ad affibbiargli il diminutivo Mino.
Diciotto anni appena compiuti, corporatura esile ed occhi nocciola, Jack per fisiognomica era inequivocabilmente un ragazzo italiano, anzi in altra epoca sarebbe stato idealmente scritturato per un ruolo di sciuscià del cinema neorealista. Ma a lui, a dirla tutta, delle pellicole italiane poco importava.
Preferiva l’America dissacrante e geniale di “South Park” e le note umoristico e demenziali dei “Griffin”, poi gli piaceva leggere, leggere tanto Salinger, Roth, Steinbeck, anche in lingua originale per meglio assaporare quella scrittura essenziale e senza enfasi ma sinonimo di denuncia e conquista della libertà.
Adolescente poco socievole, a tratti presuntuoso ma con una intelligenza decisamente superiore alla media, dopo il compimento della maggiore età aveva deciso di mettersi in viaggio con il suo amico a quattro zampe, qualche scorta di acqua e di cibo, un paio di libri da leggere e l’immancabile smartphone in tasca.
Da una sperduta sicilian town, con zaino in spalla, con ai piedi Converse sformate ma rigorosamente originali, con addosso jeans a brandelli e maglietta Hard Rock Cafe, Jack partì in direzione Ovest seguito da Dean, cane libero a cui non avrebbe mai messo il guinzaglio, nella consapevolezza che quel che contava non era la meta ma il viaggio sebbene il West ha sempre avuto per i viaggiatori quel sapore dell’ideale conquista sudata con la forza di volontà.
Ovviamente partì con l’ottimistica speranza di viaggiare in autostop cercando di rimediare qualche passaggio anche per Dean che non sporcava e che avrebbe occupato pochissimo spazio nell’abitacolo delle auto.
Tuttavia tra le soleggiate e malridotte strade statali e provinciali dell’entroterra siculo non incrociò nè fuoristrada né SUV ma solo tanta polvere, buche nell’asfalto e la Panda di un impiegato in giacca e cravatta che alla vista del suo pollice in su rimandò al mittente la richiesta di passaggio se non altro per via di quel cane spelacchiato e di quei jeans da tossico.
Non fu quello episodio che scoraggiò Jack che, per quanto deluso, continuò a camminare, sempre seguendo la stessa direzione, con la luce del tramonto, andando incontro alla sera e finendo frattanto le scorte di cibo e di acqua dello zaino.
Lo attendeva un cielo stellato sopra un campo di stoppie dove trascorse la notte dentro un sacco a pelo “Quechua” che la madre gli aveva comprato qualche anno prima da Decathlon, quando lui sbuffava per le file alla cassa. Fu quello il massimo della soddisfazione per le formiche che trovarono alloggio sul morbido, un po’ meno per lui che non chiuse occhio per tutta la notte e nemmeno per Dean stanco e assetato.
Però quello era il sogno indissolubilmente legato alla maggiore età e bisognava partire già alle prime ore dell’alba e procedere verso Ovest anche a stomaco vuoto, per lo meno per rimediare un po’ d’acqua e croccantini per l’amico a quattro zampe e perché l’avventura era ancora tutta da vivere e le incognite da svelare.
Camminò almeno un paio d’ore sotto il sole del mattino sapendo che non avrebbe trovato il Colorado ma nella convinzione di poter recuperare da qualche parte ciò che avrebbe dato senso al suo viaggio, sebbene le prime indicazioni su insegne lucide, pulite e poco attinenti alla polvere di quelle strade sterrate furono fuorvianti per l’excursus logico dei suoi pensieri e delle sue previsioni. Stanco, con tanta sete e fame si rese presto conto di trovarsi nei pressi di un circolo esclusivo dove si muovevano, quasi sospesi i sui membri con i coccodrilli sulle polo ben stirate, mentre lui sporco e sudato aveva esaurito le scorte d’acqua e li guardava da dietro un vetro come avrebbe fatto un bimbo all’Oceanario.
Tutto con tante R mosce.
Oltre quel vetro furono invece gli altri a guarda lui, non con l’innocente stupore di chi apprezza la biodiversità ma con la supponenza di chi pretende di sentenziare su un ragazzo in compagnia di un bastardino che andava immediatamente allontanato. Necessario chiamare il guardiano che peraltro veniva pagato a percentuale per vigilare e non per oziare, tanto per non perdere l’abitudine alle R.
Jack, da parte sua, non aveva R né nel nome o nello zaino, né tanto meno ce l’aveva Dean.
Aveva però fatto strada e la R ce l’aveva al massimo nelle scarpe e, nonostante si trattasse di Converse, non era moscia.
Lui e Dean avevano solo sete e fame ma non ricevettero né un bicchiere d’acqua né altro ad esclusione di un invito poco cortese di un guardiano, al soldo di gruppo altezzoso e arrogante, di girare al largo.
Quello era l’Ovest, a quanto pareva e dopo quel senso di nausea Jack pensò di prendere in braccio Dean e chiamare casa prima che la batteria del cellulare si esaurisse del tutto, deluso e avvilito.
A rispondere la mamma che preoccupata e premurosa si precipitò con la sua Punto alle porte del circolo portando torta e torrone per lui e croccantini per Dean.
Le R della mamma erano ben diverse ed avevano un buon sapore anche se non quello dell’avventura. Sapevano di calore.
D’altra parte si trattava di una mamma del Sud, mica dell’Ovest!
Con ancora qualche briciola dolce sulla bocca Jack salì a bordo dell’auto dai sedili sfondati e la carrozzeria visibilmente ammaccata per tornare indietro con in braccio Dean.
Avrebbe continuato a cercare la meta, magari qualche anno più avanti e prima di compiere i ventitré, onde evitare di correre il rischio di ritrovare una R nei suoi anni e la carta di credito della mamma che lei stessa avrebbe nascosto in via precauzionale da qualche parte nello zaino.
Lo sapeva, si sa. La mamma è sempre la mamma!

Irene Varveri Nicoletti