di Giovanni Vitale

Quando Facebook ha disposto la possibilità di aggregarsi in gruppi, circa un decennio fa, è stato un cambiamento fondamentale. E, a ben vedere, sono molte le similitudini fra il social network ed il sociale arcaico vero e proprio.
Inizialmente solo persone particolarmente motivate si sono date da fare: pur essendo tecnicamente alquanto facile costituire un gruppo, invece gestirlo e farlo crescere non lo è affatto. Solo alcuni hanno avuto successo ed esistono tuttora mentre tantissimi altri, pur con denominazioni e intenti simili, sono scomparsi o rimasti marginali. A fare la differenza è certamente la personalità degli amministratori insieme alla cerchia dei membri più assidui intorno ai quali s’è sviluppata la comunità, in modo piuttosto affine a quello dell’associazionismo tradizionale. Autorevolezza, simpatia e notorietà fanno la loro parte.
Anche altri siti social (piattaforme) hanno tentato qualcosa di simile ai gruppi di Facebook, ma nessuno con lo stesso successo e diffusione. Oggi in questa piattaforma possiamo trovare aggregazioni per ogni tipo d’interesse e finalità: professionali, di studio o svago, artistici o sportivi, culturali, politici, commerciali, di vendita o scambio, d’appartenenza ed ascendenza territoriale cittadina o nazionale, giusto per citare i più diffusi. La velocità e semplicità di notifica delle attività e accesso ai gruppi, ne rende estremamente facile la partecipazione, a prescindere dal luogo e dal tempo. Ciò inizialmente fece temere ad alcuni che avrebbe svuotato di valore l’associazionismo consueto, invece ne ha favorito le funzioni grazie all’immediatezza ed economicità comunicativa che, insieme alle piattaforme affiliate o simili, permette, incoraggia e promuove; ha reso in effetti molto visibile la contiguità e la conformità sociale d’interessi ed esistenziali, segnalandone costantemente i profili e le identità per affinità e reciprocità.
Pur essendo tante le somiglianze con l’associazionismo praticato da sempre, restano evidenti le differenze, fra le altre: nei social, proprio per la facilità d’accesso e partecipazione, è più difficile ripararsi dai disturbatori (troll) e dai violenti (hater) che, seppure solo verbali, talvolta non risultano meno insidiosi di quelli in presenza; anche spargere notizie false (fake news) pare essere qui più immediato. Sono infatti diversi i protocolli comportamentali in atto dato che, naturalmente, abbisognano di modalità e tempi propri: nel socialnet camuffarsi o farsi passare per altro da quel che si è, risulta molto più agevole che nella vita ordinaria.
Senza addentrarci in questioni filosofiche sulla “natura” umana, se cioè “l’uomo è un lupo per l’uomo” o se, invece, è “un animale sociale”, evitando così di scegliere fra la visione di Plauto ripresa da Hobbes di contro a quella aristotelica, ovvero se raggrupparsi socialmente è questione di “convenienza” o “stato di natura”, va sottolineato che qui ci troviamo in una condizione incentivata dalla piattaforma. È il social network che ci orienta verso “forme aggregative” che – già chiare in Aristotele –  favoriscano una “politica sociale” per cui “la produzione e lo scambio di beni” ne sia il fondamento. Questo, ovviamente, è certamente coerente con gli assunti e le finalità del socialnet che, evidentemente, trae i suoi profitti proprio dalla promozione, dalla pubblicità. Come noi, l’umanità, ci adatteremo e stabilizzeremo con questa determinata condizione resta da vedere!