di Josè Trovato

Leonforte. Secondo il Tribunale di Caltanissetta, sarebbe stata dimostrata una sperequazione tra i suoi redditi e le proprietà acquisite o controllate. Per questo è stata ordinata una maxi-confisca di beni, per un valore stimato dalla Dia di Caltanissetta in 5 milioni di euro, a carico di Ettore Forno, imprenditore leonfortese pregiudicato di 53 anni. Per Forno è stata respinta invece la richiesta della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, in quanto, considerato che i reati contestatigli risalgono a cinque anni fa, manca una “concreta e attuale pericolosità”.
Dall’ordinanza della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Caltanissetta, presidente Roberta Serio, giudici Simone Petralia e Emanuela Carrabotta, emergono innanzitutto i precedenti di Forno, coinvolto in reati di usura e truffa.
“Pur non apparendo formalmente affiliato ad alcuna associazione criminale organizzata – si legge nel decreto – (Forno, ndr.) risulta inserito nel contesto territoriale, predisposto ad attività illecite basate essenzialmente sul denaro contante, che contaminano pesantemente l’economia territoriale con la parallela costituzione di attività economiche illegali ed il reimpiego di denaro di provenienza illecita”.
Una delle due condanne definitive, a pochi mesi di reclusione (l’altra è la truffa, in cui fu ritenuto in qualche modo coinvolto, pur in misura marginale, ai danni della Banca Antonveneta), riguarda un traffico illecito di dati: intestò a decine di persone numerose schede telefoniche, effettuando traffico telefonico e loro nome. Tra l’altro avrebbe intestato a una terza persona una scheda telefonica e questa scheda “pulita”, in questo modo, sarebbe finita nelle mani di Rosario Mauceri, leonfortese vicino al clan di Cosa Nostra Enna, poi condannato all’ergastolo per duplice omicidio aggravato. La vicenda della scheda, va precisato, risale a parecchi anni fa, quando Mauceri non era stato ancora condannato.
Forno ha poi preso una condanna in primo grado e in appello per usura, ai danni di un uomo che si tolse la vita verosimilmente a causa dei debiti e dei tassi illegali di molto superiori al tasso soglia. Condanna che non è definitiva, va precisato, perchè teoricamente ancora annullabile in Cassazione.
I giudici hanno messo nero su bianco che “la valutazione globale dell’intera personalità del Forno, risultante da tutte le manifestazioni sociali della sua vita con riguardo all’intera sua condotta e in relazione alla persistenza nel tempo di un comportamento illecito e antisociale, appare indicativa di una pericolosità sociale dedita alla realizzazione di fatti illeciti, continui e ripetuti, che rappresenta uno stile di vita e da cui il Forno avrebbe tratto le principali risorse finanziarie utili al suo sostentamento e alla sua evoluzione patrimoniale”. I giudici precisano tuttavia che la pericolosità sul piano economico non c’entra nulla con la pericolosità sociale richiesta, invece, per giustificare una misura di prevenzione personale come la sorveglianza speciale.
La sostanza della confisca si basa su questa valutazione: “La ricostruzione reddituale del preposto operata dal perito appare in linea con i dati indicati nella proposta in cui veniva evidenziata la disponibilità da parte del Forno e del suo nucleo familiare di risorse finanziarie di origine lecita assolutamente incompatibili con i movimenti economici effettuati ed il patrimonio immobiliare e mobiliare rilevato”
Ecco tutti i beni confiscati e quelli dissequestrati.
I giudici, nel dettaglio, hanno ordinato la confisca della società Fiztel srl dichiarata fallita nel 2016; della ditta individuale Koumunika; del 90 per cento di quote della società Fema sas; del 75,5 per cento della società Break Coffee Village srl; del 10 per cento della società PFL Costruzioni; del 51 per cento di B.I.F. Costruzioni; del 51 per cento di F.I. Costruzioni; del 51 per cento di Sai Costruzioni; del 51 per cento di Edel Bau srl; del 51 per cento della società Ipsale group; del 51 per cento della società Baciante srl; del 51 per cento della società Ipsale Costruzioni srl; di ben 17 immobili tra Leonforte, Nissoria e Acireale, tra cui la villa di Forno; di due auto, nove rapporti bancari e un rapporto assicurativo.
Dissequestrati, e restituiti ai legittimi proprietari, perchè ritenuti totalmente leciti e legali, l’intero capitale sociale e il complesso dei beni strumentali e di ogni altro bene delle società Agripsale srl e Finglobal srl; il 24,5 per cento della società Break Coffee Village srl; la società Finglobal srl; il 49 per cento di B.I.F. Costruzioni; il 49 per cento di F.I. Costruzioni; il 49 per cento di Sai Costruzioni; il 49 per cento di Edel Bau srl; il 49 per cento della società Ipsale group; il 49 per cento della società Baciante srl; il 49 per cento della società Ipsale Costruzioni srl.