di Josè Trovato

Barrafranca. Una situazione raccapricciante. Un contesto di illegalità diffusa dove Cosa Nostra sguazza, fa affari indisturbata e gongola sulle spalle dei cittadini onesti e di quanti vorrebbero istituzioni impermeabili alle infiltrazioni mafiose. Il Comune di Barrafranca è stato sciolto perchè ritenuto soggetto a condizionamenti di tipo mafioso. Lo stesso sindaco decaduto Fabio Accardi risulterebbe “indagato per il reato di scambio elettorale politico-mafioso”. Avrebbe accettato, si legge tra gli atti del DPR che ha disposto la nomina di una commissione – che rimarrà al lavoro a Barrafranca per 18 mesi – la promessa di voti da parte di un boss mafioso, per le elezioni che si sarebbero dovute svolgere nel 2021 e a cui si sarebbe voluto ricandidare, in cambio di favori.
E’ questo, in estrema sintesi, il quadro tratteggiato dalla relazione della Commissione Prefettizia al Comune di Barrafranca, sulla base del quale è stato disposto lo scioglimento del Comune e l’affidamento a una Commissione. Una sintesi del rapporto della Prefettura è stata illustrata dal ministro dell’Interno e si trova anch’essa allegata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana che ha data di ieri. La relazione del ministro Lamorgese e tutti gli atti sono scaricabili da chiunque dalla Gazzetta ufficiale, attraverso questo link: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/gu/2021/05/08/109/sg/html 
Il caso Barrafranca, va sottolineato – lo si evince in maniera piuttosto esplicita dalla relazione del ministro – scaturisce dalla brillante operazione dei carabinieri del Comando provinciale di Enna e del Ros di Caltanissetta, che ha portato poco meno di un anno fa all’operazione Ultra, una raffica di arresti chiesti dalla Dda e disposti dal gip di Caltanissetta. La relazione della Prefettura è stata stilata a seguito degli accertamenti decretati dal prefetto di Enna Matilde Pirrera il 5 agosto 2020.
La relazione del prefetto è stata trasmessa al ministero al termine di un comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, svoltosi l’11 febbraio scorso, integrato con la partecipazione del sostituto procuratore della Dda di Caltanissetta. E “da’ atto della sussistenza di concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti e indiretti degli amministratori locali con la criminalita’ organizzata di tipo mafioso e su forme di condizionamento degli stessi, riscontrando, pertanto, i presupposti per l’applicazione delle misure di cui al citato art. 143 del decreto legislativo n. 267/2000”.
Del sindaco Accardi viene evidenziato, in particolare, quello che viene definito “il rapporto di stretta frequentazione” con “il principale esponente della locale famiglia mafiosa, nonchè l’attenzione con la quale quest’ultimo, insieme ai propri figli, anche durante il periodo in cui era sottoposto agli arresti domiciliari, ha seguito le vicende del Comune di Barrafranca, al solo fine di condizionarne l’indirizzo e le scelte amministrative”.
Tra i casi citati come elemento di conferma delle ingerenze mafiose al Comune, c’è la gestione del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani. “Dalle indagini – si legge nella relazione – risulta, inoltre, che proprio in occasione di una gara riguardante l’affidamento della raccolta e smaltimento dei rifiuti, l’attuale primo cittadino (oggi si è insediata la commissione e Accardi non è più in carica, ndr.) ha tenuto costanti contatti con il predetto esponente mafioso, tenendolo aggiornato sull’andamento dei menzionati affidamenti e tentando di far assumere dalla ditta aggiudicataria un soggetto controindicato per conto del predetto capo mafioso verso il quale e’ arrivato perfino a scusarsi per il mancato raggiungimento di quanto prefissato”.
Si cita un presunto affidamento «sotto soglia» di lavori relativi agli impianti termici a una ditta il cui titolare sarebbe tra i soggetti coinvolti nell’operazione Ultra. A Barrafranca sarebbero state inoltre totalmente disapplicate le disposizioni previste dal protocollo di legalita’ stipulato tra il Comune e la Prefettura stessa, “che prevede controlli piu’ stringenti ai fini antimafia per i contratti relativi a opere, lavori pubblici, servizi e forniture”. Dal febbraio 2017 a settembre 2020 sarebbero state chieste solo 3 comunicazioni antimafia, “di cui due erroneamente formulate e 49 richieste di informazione antimafia, delle quali 10 avanzate nel mese di dicembre 2020 per lo piu’ a seguito di alcuni rilievi sollevati dalla commissione di accesso, elementi che attestano una sostanziale inerzia del comune agli adempimenti antimafia”.
Un capitolo a parte merita la questione relativa alla gestione del patrimonio immobiliare, consistente in 48 alloggi popolari di proprieta’ comunale, a cui si aggiungono 211 immobili, di cui 77 pertinenze, dello IACP e della Regione Siciliana. Secondo la commissione, questi beni sono “in parte occupati abusivamente anche da soggetti malavitosi o contigui alla locale criminalita’ organizzata”. Una situazione gravissima, a fronte della quale l’amministrazione comunale non avrebbe “intrapreso alcuna azione volta a censire gli occupanti, a sgomberare le occupazioni illegittime, ridurre la consistente area di evasione dei pagamenti dei canoni di locazione, atteso che la percentuale dei soggetti morosi e’ pari al 77 % risultando tra gli evasori anche alcuni soggetti coinvolti nell’operazione Ultra”.
C’è poi, tra gli altri, un capitolo relativo ai beni confiscati, tra cui figura la villa confiscata all’avvocato boss Raffaele Bevilacqua, consegnata dalla Prefettura al Comune già da anni, ma ancora oggi inutilizzata. Scrive il ministro: “Il quadro sconfortante che emerge dalla relazione prefettizia viene ulteriormente confermato dalla mancata destinazione per finalita’ sociali dei beni immobili confiscati alla famiglia mafiosa locale piu’ volte citata; tali beni, infatti, nonostante il tempo trascorso, risultano inutilizzati per la condotta sostanzialmente omissiva tenuta al riguardo dall’amministrazione comunale”.
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