di Josè Trovato

Leonforte. Ogni domenica andava a bere un caffè a Leonforte, in un bar del centro. E in una di quelle occasioni, nell’aprile del 2019, un comune cittadino – un giovane di cui non si riporta il nome perché era una vittima designata di danneggiamento, uno che non c’entra nulla, un impiegato a Dittaino finito nel mirino per qualche oscuro motivo – avrebbe dovuto ricevere una sorpresa sgradita. Perché Salvatore e Domenico Virzì, due degli arrestati nell’operazione Icaro, condotta dagli agenti del Commissariato di Leonforte e della Squadra Mobile di Enna, meditavano di fargli saltare la macchina con il tritolo. Lo avrebbero dovuto fare, secondo quanto si legge nell’ordinanza del gip Graziella Luparello, su incarico di Gaetano Cocuzza e Salvatore Mauceri, presunti mafiosi arrestati a Leonforte nell’inchiesta Caput Silente, ma per conto di terze persone. Cocuzza e Mauceri, va specificato, nell’inchiesta Icaro non figurano tra gli indagati. Il “piano” tuttavia saltò perché Cocuzza fu arrestato (Mauceri poi verrà catturato solo successivamente) e non se ne parlò più, tant’è che ai Virzì, nell’ordinanza Icaro, con cui sono stati arrestati la settimana scorsa, al riguardo non viene mossa alcuna contestazione. Ma il fatto, e il contenuto delle intercettazioni, vengono riportati. C’è anche questo, insomma, nell’ordinanza: la capacità potenziale, quantomeno a parole, di rifornirsi di tritolo, e addirittura di un innesco a distanza, un telecomando, come quello usato per le stragi, per far saltare tutto ciò che avessero voluto, da quel momento in avanti. C’è anche questo tra le storie scoperte dalla polizia a Leonforte, nell’ambito di una normale inchiesta antidroga.

Questo presunto gruppo di trafficanti, dunque, sarebbe stato molto vicino al clan di Cosa Nostra. Lo si evince dal fatto che poi, dopo l’arresto di Cocuzza, i Virzì avrebbero discusso di come girare parte dei soldi della droga alla famiglia mafiosa dei Fiorenza. Quell’ipotetico fornitore palermitano di esplosivi, con cui uno dei Virzì si sarebbe incontrato il giorno antecedente al dialogo intercettato, secondo quanto si apprende dall’operazione Icaro, si sarebbe reso disponibile a consegnare un pacco contenente la bomba e il telecomando. Parlandone con il fratello, Salvatore Virzì avrebbe aggiunto che se avessero comprato l’esplosivo poi l’avrebbero potuto fare altre volte, contro chiunque si sarebbe messo di traverso nella loro attività: il palermitano, avrebbe aggiunto Virzì, si era reso disponibile anche a cedergli armi e munizioni, ma lui aveva rifiutato, ribadendo solo la richiesta per il tritolo. E se fosse possibile comprarlo altre volte, dice Salvatore in dialetto al fratello, “cu n’avissi a firmari cchiù? Appena mi facissi unchiari a m. corcuno… avissi a divintari cosa di tutti i iorna”. Il testo, facilmente traducibile per chi è di queste parti, in italiano, solo edulcorato un attimo, sarebbe così: “Chi ci dovrebbe fermare più? Non appena qualcuno mi facesse arrabbiare, potrebbe diventare cosa di tutti i giorni”.

A margine dell’inchiesta Icaro, poi, si scopre pure che i Virzì, oltre a organizzare e gestire – secondo l’accusa – un traffico di droga, avrebbero avuto anche armi a disposizione. Grazie alle indagini svolte, la polizia ha scoperto il nascondiglio, in una campagna di contrada Ogliastro, e ha fatto sparire tutto durante la notte, nell’agosto del 2019. Un intervento investigativo vero e proprio, piuttosto invasivo: i Virzì pensarono a un furto delle armi, anche se per ovvie ragioni non potevano certo sporgere denuncia. Due fucili risultati rubati, si trovavano in un fondo agricolo, vicino a un pozzo, dentro un tubo di cemento comunemente utilizzato quale canale di scolo, nascosto da un canneto. C’erano numerose cartucce di diverso calibro, un fucile calibro 28 risultato rubato e un fucile calibro 12.

Nei giorni scorsi, intanto, si sono svolti gli interrogatori in carcere, dinanzi al Gip Graziella Luparello, che ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, 1.010 pagine solo in relazione all’inchiesta Icaro (la seconda ordinanza, Lepus, riguarda Agira). E gli arrestati leonfortesi si sono avvalsi quasi tutti della facoltà di non rispondere. A breve si svolgeranno le udienze dinanzi al Tribunale del Riesame.